Armi sequestrate dagli israeliani
Fucili mitragliatori e cellulari sequestrati dai soldati israeliani a jihadisti vicino a Jenin, nel 2005 (CC BY-SA 2.0 IDF Forces via Flickr).

Questa ultima digressione è sul rapporto tra il radicalismo islamico e la modernità, rapporto molto più complesso di quanto si potrebbe immaginare, dato l’errore comune di legare indebitamente l’Islam al medioevo. Contrariamente alle convinzioni occidentali, il progresso tecnologico non necessariamente porta secolarizzazione.

Il radicalismo islamico e la modernità

Ricordo una foto che vidi diversi anni fa sulla “Rivista Aeronautica”, la rivista dell’AMI, che inquadrava un imam che parlava del Corano e della Jihad, filmato da un bel telecamerone JVC. Fu allora che ho compreso che certi paralleli tra l’Islam attuale e il cristianesimo medievale non erano proprio del tutto corretti.

Ricordo che quando ci fu l’attentato alle Torri Gemelle, tra la gente comune giravano in continuazione due commenti al fatto: “è gente disperata”, “è gente ignorante”. Poi si scoprì che l’attentato del “9/11”, come dicono negli USA, era stato perpetrato da gente istruita e benestante. Gente oltretutto ben inserita nel tessuto economico e sociale americano.

La propaganda dell’ISIS, nonostante il suo contenuto raccapricciante, è uno splendido esempio di “marketing & comunicazione”. Non è assolutamente possibile realizzare una cosa simile senza 1) avere abbondanti finanziamenti 2) avere abbondante tecnologia 3) aver studiato in Occidente a livello universitario. Nel Califfato non puoi suonare musica, ma puoi studiare informatica.

La nostra cultura ha fatto un ragionamento indebito, vagamente paleomarxista: lo sviluppo economico e tecnologico porta sempre inevitabilmente alla secolarizzazione. Questo non è vero, o se lo è, è vero solo per pochi appartenenti alle élites economiche. I famosi foreign fighters sono stati spessissimo musulmani di seconda o di terza generazione, cittadini europei a tutti gli effetti: su di loro economia e tecnologia hanno portato invece radicalizzazione.

Broadway e Wall Street
(public domain via MaxPixel)

In un Occidente dove il momento economico è diventato l’unico orizzonte trascendentale, giovani anche istruiti, frustrati dalla disoccupazione generata da un’economia tutta finalizzata solo alla massimizzazione del saggio di profitto e totalmente sorda a qualsiasi istanza sociale, possono entrare benissimo in sofferenza esistenziale. Detta in altre parole, in una società post-eroica come quella occidentale, dove i modelli culturali dominanti vedono nel denaro l’unico scopo della vita, è facile che un giovane si domandi se esiste anche qualcos’altro per cui valga la pena vivere, e che subisca il fascino dell’eroe capace di combattere e se necessario immolarsi per una causa.

Se il musulmano radicale non rifiuta la tecnologia moderna in quanto tale, per quanto proveniente dagli “infedeli”, come distingue ciò che è in accordo con la propria religione da ciò che non lo è, e che perciò è falso?

Semplice: il Corano. Bisogna tener presente che per la teologia islamica tradizionale l’interpretazione del Corano è sempre letterale, così come è letterale l’interpretazione ebraica tradizonale dell’Antico Testamento: il Pentateuco è stato scritto da Mosè e basta, anche se l’esegesi moderna fin dall’Ottocento ha dimostrato che è il risultato di almeno tre tradizioni teologiche diverse.

Adamo ed Eva Klimt
Gustav Klimt, Adamo ed Eva (fair use).

Per il cristianesimo invece, la “Parola di Dio” è prima di tutto Cristo stesso, che come ci hanno insegnato a catechismo è “vero Dio e vero uomo” (una vera bestemmia questa sia per ebrei che per musulmani, che hanno il concetto di un Dio totalmente trascendente, “totalmente altro” rispetto all’umano). Così come Gesù Cristo è al contempo divino e umano, così anche la Parola di Dio intesa come Libro è divina e umana. È il concetto di “incarnazione” della Parola di Dio. Questo concetto, se non ha impedito anche ai cristiani un approccio letterale al testo sacro – basti pensare a certe sette protestanti fondamentaliste americane, per le quali la Terra è stata creata nel 6000 a.C. perché così dice la somma delle età dei Patriarchi secondo l’Antico Testamento, e perciò i dinosauri non possono essere che animali periti nel Diluvio Universale – ha però reso loro meno traumatica l’accettazione dei risultati della scienza moderna e il passaggio da una lettura fondamentalista ad una lettura esegetica della Bibbia, aiutati in questo dalla potente forza demitizzante della filosofia greca.

Oggi nessun cristiano sano di mente (almeno spero) crede ancora al sistema tolemaico perché Giosuè ha detto al sole di fermarsi, con buona pace di chi dopo quattrocento anni tira ancora fuori il processo a Galileo come argomento di polemiche di retroguardia; però molti musulmani credono a tutt’oggi che la Terra sia piatta perché lo dice il Corano. E anche se prendono in continuazione voli intercontinentali, non c’è verso di convincerli. Questo perché, sia per gli ebrei che per i musulmani, il Libro è dato da Dio stesso così una volta per tutte, e studiarlo come un “oggetto”, mettendolo in discussione, è mancanza di fede e blasfemia.

Avicenna
Ibn Sinā, alias Abū ʿAlī al-Ḥusayn ibn ʿAbd Allāh ibn Sīnā, noto in occidente come Avicenna (public domain via WikiCommons).

Ciò che di tecnologico non va direttamente contro il Corano può essere accettato dai musulmani in quanto essi considerano che il mondo occidentale ha potuto produrre la sua tecnologia avanzata impadronendosi della cultura scientifica islamica a partire dalla rinascita dell’anno Mille. Qui bisogna dare a Cesare quel che è di Cesare: è vero. Parole come “algebra”, “algoritmo”, “cifra”, “zero”, “alcool”, “zenith”, “azimut”, sono parole arabe, e i numeri moderni sono chiamati per tradizione “numeri arabi”. Tolomeo, Euclide, Aristotele, furono riscoperti in Occidente grazie agli arabi. I quali, essendo allora in una fase di espansione demografica e territoriale, non avevano timore di acquisire la cultura antica con la quale erano entrati in contatto attraverso i bizantini.

Rimane il fatto che il metodo scientifico, per quanto produca una verità fallibile come insegnano Popper e Kuhn, non può essere accettato solo in parte. Non può esserci un esperimento finale, ancor più “oggettivo” degli altri, dato dall’accordo o meno con il Libro Sacro. La lotta da parte del pensiero scientifico moderno per affermare la propria alterità rispetto a questi cortocircuiti, e per ribadire l’indipendenza della ragion pura dalla ragion pratica, è stata dura. Chiunque legge questo blog capisce subito che per me le conoscenze scientifiche accumulatesi da quattrocento anni a questa parte sono un patrimonio inestimabile, al quale l’umanità non può e non deve assolutamente rinunciare.