2001 A Space Odyssey
(CC BY-SA 4.0 Grafiker61 via WikiCommons)

Sicuramente per la stragrande maggioranza della gente Giovanni Caprara è un allenatore di pallavolo. Per gli svitati che invece sono invasati per tutto ciò che vola (di artificiale), Giovanni Caprara è invece un giornalista e un divulgatore scientifico, specializzato in ricerca spaziale.

Un giornalista serio, preparato e documentato, come dovrebbero essere tutti i giornalisti (e come certamente tutti i giornalisti sono… a sentire loro!). Nato in provincia di Verona nel 1948, ingegnere, dal 1979 redattore scientifico del “Corriere della Sera”, è anche docente di “Storia dell’esplorazione spaziale” al Politecnico di Milano.

Giovanni Caprara in visita al museo di Base Tuono, uno dei vecchi siti dei SAM Nike Hercules (CC BY-SA 4.0 Giovanni Caprara via WikiCommons).

Ha scritto una trentina di libri, e prima di fare la mia piccola recensione alla sua ultima fatica, voglio citare due delle sue precedenti pubblicazioni. Una di queste è la sua opera prima, Il libro dei voli spaziali, edito da Vallardi nel 1984. Questo libro, che non è impossibile trovare ancora nelle biblioteche, ha avuto per chi scrive una grande importanza. Prima di leggerlo, quel poco che sapevo di voli spaziali era frutto di libri per ragazzi a dir poco imprecisi e di qualche articolo di riviste aeronautiche. Allora internet non esisteva e i libri specialistici erano costosissimi, introvabili e in inglese: tutte cose che avrebbero fermato anche il più volenteroso dei ragazzi. Il libro di Caprara fece fare un vero salto di qualità alle mie conoscenze sull’argomento, in particolare i capitoli sui “lanciatori” (da lui allora chiamati “razzovettori”), sull’Apollo e sullo Space Shuttle (che nel 1984 sembrava essere il futuro, ma poi ci fu il Challenger). Fu grazie a questo libro che venni a conoscenza del vettore lunare sovietico N-1, di cui si iniziava a parlare per la prima volta proprio in quegli anni.

Il secondo libro è Storia italiana dello spazio, pubblicato da Bompiani nel 2012. Ero riuscito a incontrare Giovanni Caprara a Mestre l’anno prima per i dieci anni dalla morte di Luigi Broglio, che proprio a Mestre era nato. Ci parlò di sfuggita di questa sua prossima pubblicazione, e quando l’ho trovata in libreria l’ho subito acquistata. Anche qui Caprara dimostra di essere ottimamente documentato, specie quando riferisce su episodi poco noti, come l’ingaggio di Hermann Oberth da parte della neonata Marina Militare Italiana o la vicenda (politicamente scorrettissima e perciò oggi volutamente dimenticata) del missile balistico Alfa.

Il “missile vettore sperimentale” Alfa, di fatto un SLBM molto simile al Polaris A3 americano (public domain via WikiCommons).

Il libro edito quest’anno da Salani Editore si intitola Breve storia dello spazio, e nonostante non possa che essere… breve nella trattazione (sono passati 37 anni dal Libro dei voli spaziali e le nuove vicende da raccontare sono molte), colpisce la grande precisione di Caprara in fatto di nomi, date e dettagli tecnici. Inoltre, l’autore non si perde mai nell’anedottica spicciola. Cosa questa nient’affatto scontata per un libro di grande divulgazione, che per scelta editoriale deve essere accessibile a tutti e perciò da tutti comprabile. L’autore invece approfondisce molto bene i risvolti politici, non solo le reazioni negli USA allo Sputnik e la scelta di Kennedy di andare sulla Luna, ma soprattutto la vicenda politica della “space race” nell’allora Unione Sovietica, ed è questo forse il merito maggiore, tra i tanti, del libro.

Il sottotitolo recita Avventure e scoperte di uomini e robot, intendendo per “robot” ovviamente i satelliti scientifici e le sonde interplanetarie a cui dobbiamo una parte non indifferente delle nostre conoscenze sull’universo (e la quasi totalità delle nostre conoscenze sul sistema solare), e il cui ruolo è diventato sempre più fondamentale dagli anni Settanta in poi. Caprara praticamente parte dalla famosa triade dei “padri fondatori”, Tsiolkovsky (l’autore translittera il cirillico sempre all’inglese, ormai inevitabilmente la scelta più semplice), Goddard e Oberth, per poi soffermarsi ovviamente su Von Braun e la V-2 (che piaccia o no è stata la capostipite di tutta la missilistica americana, sovietica, francese e cinese). Rapido ma preciso il capitolo sugli anni tra il 1945 e il 1957, al quale seguono le vicende degli exploits sovietici tra il 1957 e il 1965. Arriviamo al 1972 con la conclusione dell’Apollo e siamo a circa metà libro. Segue il capitolo sui primi moduli spaziali abitati (che Caprara chiama correttamente “laboratori” e non “stazioni”), e di seguito la “era Shuttle” del trentennio 1981-2011. L’ultimo capitolo, con l’attualità, è il 15, dal titolo Lo spazio privato, il ritorno dell’uomo sulla Luna e il futuro dell’uomo su Marte. Merito di Caprara è qui di non indulgere troppo in pistolotti finali e improbabili… previsioni del tempo.

A mo’ di postfazione, Giovanni Caprara indulge un attimo, e può senza dubbio permetterselo, sui numerosi incontri con i protagonisti che ha potuto collezionare in quarant’anni di carriera. Tra questi Hermann Oberth, che nel 1983, in piena “shuttle-mania”, rispose a Caprara stroncando la navetta in quanto troppo complessa. Caprara fece in tempo a incontrare Wernher von Braun prima che morisse nel 1977. Poi una nutrita serie di astronauti, tra tutti Neil Armstrong. Meno appariscente ma particolarmente interessante invece l’incontro con Vasily Mishin, il vice e poi successore di Sergei Korolev. Infine, e non poteva mancare, il prof. Luigi Broglio.

Breve storia dello spazio è un libro che si fa leggere volentieri anche da lettori più smaliziati della media. Insomma non si può che consigliare l’acquisto del libro, soprattutto da parte di astrofili e appassionati in genere.

Joseph Walker e X-15
Joe Walker a fianco del North American X-15 dopo il suo volo del 30 marzo 1961. Walker diventò a tutti gli effetti un astronauta con i Flight 90 e 91, con i quali raggiunse una quota di 106 e 108 km rispettivamente (NASA, public domain via Wikipedia).

Non incidono assolutamente sul giudizio d’insieme pochissimi refusi (ad esempio “Gary Power” invece di “Gary Powers”, p. 119) e una lievissima imprecisione (la Mercury fu progettata dalla McDonnell, che acquisì la Douglas solo nel 1967, p. 91). Un po’ più seria la cosa a p. 64, dove Caprara riporta notizie errate sul Korolev R-1/SS-1 Scunner: “Pobeda” era il nome dell’R-5/SS-3 Shyster e non dell’R-1, che invece per Boris Chertok era chiamato informalmente “Yedinichka”, “Il Primo”, mentre viene riportata per la variante militare anche il nome “Volga”. L‘R-1 poi aveva una gittata di circa 270 km, analoga a quella delle V-2, e non di 900. E’ indubbiamente vero che la testata sganciabile in volo fu provata per la prima volta dai sovietici sulla versione sperimentale R-1A, ma comunque fu introdotta operativamente solo nel successivo R-2/SS-2 Sibling, che dell’R-1 (e quindi della V-2) era un diretto derivato. Infine, il motore dell’R-1, il Glushko RD-100 (non R-100), adattamento alla tecnologia sovietica del motore della V-2, erogava circa 27.200 kg di spinta, non 6.400, decisamente troppo pochi.

Un dubbio grosso riguarda inoltre Eugen Sänger, mai citato, con il Silbervogel solo accennato come “grande uccello d’argento” (p. 60) e attribuito a Krafft Ehricke, che a quanto mi risulta lavorò negli USA alla Bell a uno sviluppo del Silbervogel denominato “BoMi”, Bomber-Missile, ma l’idea originale fu sicuramente di Sänger coadiuvato dalla moglie Irene Bredt. Inoltre non avrei visto male un quattro righe in più per citare i Flight 90 e 91 di Joseph A. Walker sull’X-15 nel 1963, veri voli spaziali suborbitali, e magari anche il Flight 188 di William J. Knight con i suoi 7.274 km/h. Per inciso, il più veloce “aereo” pilotato può forse essere considerato invece lo sfortunato shuttle Columbia che il 14 novembre 1981 nella missione STS-2 fu governato manualmente al rientro nell’atmosfera da Joe H. Engle.

https://it.wikipedia.org/wiki/Giovanni_Caprara_(giornalista)
https://www.salani.it/libri/breve-storia-dello-spazio-9788893819725
http://www.astronautix.com/r/r-1.html
http://www.astronautix.com/r/r-5.html
http://www.astronautix.com/r/rd-100.html
http://www.b14643.de/Spacerockets/Specials/Russian_Rocket_engines/engines.html